mercoledì 7 ottobre 2009

Il Giardino di DOMENICO MONTEVECCHI

In questi anni ho avuto la possibilità e il piacere di conoscere alcuni personaggi che a vario titolo e a livelli diversi sono entrati a far parte di quello che mi piace definire “il mio mondo parallelo”, un percorso che scorre in modo binario con la quotidianità, che non sempre è quella che si vorrebbe, e servono a supportarla, a scaricare tensioni e stanchezza. Domenico Montevecchi è, o meglio, spero sarà, una di queste. Ci siamo conosciuti fugacemente durante la scorsa edizione di “Masino d’autunno”. Avevo letto tempo fa un articolo che “Gardenia” aveva dedicato al suo giardino, a Saluzzo.
Mi aveva colpita e mi ero ripromessa di visitare un luogo definito unico nel suo genere, dovevo si trovano a convivere piante da alpineto, tropicali, australi, palustri, diviso in tre zone fitoclimatiche: quello della flora mediterranea, la zona temperata fredda e quella continentale.


Proprio in questi giorni ho concordato una visita, e, come ho già detto in altre occasioni, le grandi aspettative possono portare a grandi delusioni, ma anche in questo caso così non è stato.
Il giardino si trova alla periferia ovest di Saluzzo, 12.000 mq di territorio ben esposto, in un leggero dislivello, il giardino della sua casa, una bella costruzione padronale che si affaccia su un maestoso palmeto, un agriturismo didattico curato dalla sua famiglia. Del giardino lui è l’unico artefice, e questo è visibile osservando le mani callose, il fisico asciutto e agile nonostante la non più verde età, ma soprattutto quando lui inizia a parlarne. E’ lui la guida, o sarebbe meglio l’appassionato cicerone che conduce i suoi ospiti attraverso un percorso che stupisce passo dopo passo, lui conosce ognuna della sue creature per nome, quello botanico ovviamente, migliaia e migliaia di esemplari cercati, piantati e curati con passione.


Viaggiatore curioso ed instancabile, è vissuto molti anni nel Regno Unito, studiando, osservando, imparando: è ibridatore, innestino, riproduttore in tutte le tecniche. Non ha titoli di studio da esibire in quanto non ha mai terminato le scuole iniziate, questo perché erano troppe le cose da seguire sul campo, e la scuola spesso faceva “perdere tempo”. Nessuno potrà mai volergliene per questo, il suo sapere è immenso, ma ciò che più, colpisce, ed è l’effetto fatto anche sui visitatori meno coinvolti nell’argomento, è il suo coinvolgimento, la grande passione che giustifica l’immenso dispendio di lavoro che dura da 30 anni e che continua. Sorprende la convivenza ravvicinata di castagni e bambù, tra cui un rarissimo bambù nero, choysie e ortensie, sedum e cornus, tanto per citarne alcune, ma soprattutto sono le varie prospettive che con orgoglio mostra ai suoi ospiti, le policromie, la scelta d
elle foglie basate sui colori, sulle dimensioni e sulle fioriture. Il suo giardino non si “spegne” mai, l’inverno attenua alcuni bagliori del fogliame ma ne accende, il grande “alpineto” all’ingresso di casa non lascia un centimetro di spazio alle pietre sottostanti interamente ricoperto di crassulacee . Una delle caratteristiche è la presenza dell’acqua, scorre in tutto il terreno, riaffiora formando ruscelli, stagni e un grande “pantanal” dove galleggiano enormi esemplare di Victoria Amazonica. Le grandi stanze sono la caratteristica fondamentale, tipiche dello stile inglese permettono di chiudere l’occhio sulla prospettiva dei bordi misti , e ancora enormi macchie di rose antiche appoggiate a pergolati in legno che tracciano sentieri, una fiammeggiante aiuola di imponenti graminacee, collezioni di hellebory, camelie, paeonie e succulente Gunnere manicate dalle enormi foglie, e tutta una serie infinita di arbusti, bulbose, piante da frutto, un raro esemplare di Cupressus Casmirianum, Eucalipti e un cinnamomum Canfora (albero della canfora).
A fianco del giardino c’è l’orto di casa e un piccolo vivaio dove lui raccoglie le piante “di troppo” e che possono interessare i suoi visitatori, perché credo sia difficile uscire da un luogo simile senza la tentazione di provarci!